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Raccogliamo in questo post tutti i balletti completi di Béjart che si riescono a trovare su Youtube.
• SINFONIA PER UN UOMO SOLO
Symphonie pour un homme seul. Coreografia di Maurice Béjart. Musica di Pierre Schaeffer e Pierre Henry. Parigi, Théatre de l'Étoile, 26 luglio 1955. Ballets de l'Étoile. Interpreti: Maurice Béjart e Michèle Seigneuret.
L'ARGOMENTO. Un uomo solo, come in una prigione. Corde scendano dall'alto. Una donna gli appare, è presente ma non può entrare nella sua vita. Quando l'uomo sta per fermarla, lei svanisce. C'è disperazione, ma la ricerca continua.
CRITICA. Questo, è il primo balletto importante di Maurice Béjart, e precede la stabilizzazione a Bruxelles del Ballet du XX Siècle. È anche probabilmente il prima in cui viene danzata la musica elettronica, prodotta dai due maestri di quella corrente, definita concreta in quanto recuperava i rumori della vita, Schaeffer e Henry. Il problema che Béjart affronta qui è quello della solitudine, dell'alienazione, della difficoltà di comunicare con gli altri. Nel 1955, il coreografo era presente ai movimenti di pensiero dell'epoca e ne rifletteva le angosce. Nella Sinfonia per un uomo solo entrano non soltanto i sentimenti dell'uomo, il "suo cuore", il suono della vita, ma gli elementi esterni, buoni a cattivi, che ci accompagnano. Passi, voci, melodie, bombe, debolezze, vizi, virtù. Senza scene, senza costumi, i danzatori moderni esprimono non più la favola, ma il proprio io. Il balletto è diventata un classico ed è stato rappresentata in tutta il mondo.
• LA SAGRA DELLA PRIMAVERA
Le Sacre du Printemps. Coreografia di Maurice Béjart. Musica di Igor Stravinsky. Bruxelles, Théâtre de la Monnaie, 9 dicembre 1959, scenografia di P. Caille, interpreti principali: Tania Bari e Germinal Casado.
"Bisognava che una parte degli uomini eccitasse gli altri al combattimento […] come dei bruti. Non avevo bisogno di uomini, ma di cosce, di pugni, di bruschi rovesciamenti della testa. Non avevo bisogno di pastorelle spaurite o di regine in esilio, ma di ventri e dorsi scavati. […] Il Sacre è un balletto di barbari."
È Béjart a fornirci il passepartout per penetrare il suo capolavoro. Dunque eccitazione, violenza, animalità, brutalità sono le parole chiave all'insegna delle quali occorre leggere il Sacre, balletto che fece scalpore al suo apparire, nel dicembre del 1959 al Théâtre de la Monnaie, ma che oggi è diventato un classico. Due gli schieramenti, maschili e femminili, accostati ai possenti blocchi sonori. Gli uomini con la loro energia animalesca e la primigenia sessualità, dopo una lotta selvaggia si dirigono a balzi verso un luogo di luce. Qui li attendono le donne, pudichi strumenti di un erotismo primordiale. La coreografia evidenzia la prepotenza della danza maschile contrapposta alla fragilità calligrafica di quella femminile. Senza più il sacrificio umano dell'Eletta, rimane, pur in altra forma, l'idea cosmica riscontrabile nella reiterazione dei cerchi magici e il senso panico della vita dopo il letargo. Un eros collettivo che trova il culmine nell'elevazione degli Eletti da parte del Corpo di Ballo. Con Béjart scompare il sacrificio dell’Eletta previsto dal rito pagano dopo il lungo inverno; la Primavera diventa celebrazione della nascita, una smisurata forza primitiva a lungo addormentata «sotto il mantello dell’inverno che scoppia improvvisamente e abbraccia il mondo in tutte le sue forme, vegetali, animali o umane. L’amore umano, nel suo aspetto fisico, simboleggia l’atto stesso attraverso il quale il divino crea il Cosmo, e la gioia che ne deriva. […] Che questo balletto sia dunque spoglio di tutti gli artifici pittoreschi, l’inno all’unione tra Uomo e Donna al livello più profondo, tra cielo e terra, danza di vita o di morte, eterna come la primavera!» (M. B.).
#Bejart
Edited by Keira Lilith Haze - 6/7/2016, 23:09. -
memmalovedance.
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• BOLERO
...La versione più famosa del Bolero è quella coreografata da Maurice Béjart per il suo Ballet du XXème Sieclerappresentata il 10 gennaio 1961 al Théâtre Royale de la Monnaie di Bruxelles, protagonista Dufka Sifnios, balletto disegnato sulla personalità di questa danzatrice. Un gruppo di ragazzi stanno tutti intorno al tavolo sul quale la protagonista balla, dapprima immobili, poi incitati ed eccitati dal ritmo crescente, sino al parossismo finale.
Da allora, il Bolero di Béjart-Ravel è stato visto molte volte in Italia anche nell'esecuzione di altre compagnie. Ricordiamo le recite all'Arena di Verona nel 1977 (con la compagnia di Béjart al gran completo rinforzata da nostri elementi, fra cui Carla Fracci) e alla Scala, con Luciana Savignano alla quale la parte si adatta a meraviglia.
Contrariamente alle versioni precedentemente citate, nelle quali si rimaneva più o meno fedeli ai principi della prima concezione, che vedeva tutto come gioco ambientale, il Bolero béjartiano, come del resto quello millossiano, è volto all'astratto...
Storia del Bolero
Il BOLERO ha avuto vari interpreti,tra i ballerini più famosi del XX secolo...
Ecco alcune versioni:
MARCIA HAYDEE'
PARTE 1-PARTE 2
MAYA PLISSETSKAIA
Video
N. LE RICHE - Y. BRIDARD- K. PAQUETTE
Video
SYLVIE GIULLEM
Video
Quello con la Guillem è qualcosa. -
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• ROMEO E GIULIETTA
Balletto in un prologo, due atti, un epilogo. Coreografia di Maurice Béjart. Musica di Hector Berlioz. Costumi di Germinal Casado. Bruxelles, Circo Reale, 17 novembre 1966, Ballet du XX Siècle.
L'ARGOMENTO.
Prologo. I ballerini entrano sul palcoscenico vuoto per le prove. Scoppia una lite che si trasforma in rissa. Il maÎtre de ballet interviene, li pacifica e racconta loro una storia sul tema dell'amore e dell'odio, Romeo e Giulietta. Primo atto. L'azione si sposta a Verona, dove Capuleti e Montecchi si affrontano in piazza, separati da frate Lorenzo. Romeo, giovane triste, va con Mercuzio al ballo dei Capuleti, dove si trova improvvisamente di fronte a Giulietta. Tebaldo li separa, ma più tardi, nella notte, i due giovani si incontrano e danno vita alla loro prima grande scena d'amore. Intanto la regina Mab provoca una nuova rissa, e causa la morte di Mercurio e Tebaldo. Secondo atto. Giulietta, disperata per l'esilio di Romeo, chiede consiglio a frate Lorenzo, e riceve la pozione del grande sonno. Creduta morta, la giovane viene portata nella tomba di famiglia. Romeo sopraggiunge, e nell'equivoco fatale i due amanti si danno la morte.
Epilogo. Come all'inizio, i ballerini tornano sul palcoscenico per le prove: nella gioia generale, la morte di Romeo e Giulietta è cancellata nel motto «Fate l'amore, non la guerra».
CRITICA. Con la sua acutissima sensibilità nei confronti dei problemi esistenziali e fedele alla sua filosofia del riscatto del mondo in virtù dell'amore, Béjart nel 1966 colse il segno della contestazione giovanile, che avrebbe poco tempo dopo prodotto la grande stagione del 1968. Il pacifismo, lo spirito comunitario, il giovanilismo, il "make love not war" lanciato come un messaggio dalle università americane, stanno alla base di questa rivisitazione della storia di Romeo e Giulietta, esempio eterno di contrasti ed emblema della cecità del potere. Béjart inquadra la tragedia in una società moderna, come simbolo di comportamenti da non imitare. E ci dice che i suoi giovani artisti sono invece destinati all'amore e alla mutua comprensione. Ecco dunque che Romeo e Giulietta diventano teatro (la stessa scelta verrà fatta sette anni dopo da Oleg Vinogradov) mentre gli interpreti sono la vita, la vita piena di speranze che poteva essere immaginata nel risveglio libertario degli anni Sessanta. La tragedia scespiriana viene schematizzata, con interventi di gusto elisabettiano, come la presenza magica della regina Mab, enigmatico messaggero di bellezza e di morte, che aggiunge scompiglio a scompiglio. Scompare nella visione béjartiana il dato cortigiano, ovvero la famiglia di Giulietta, spariscono Paride e Benvolio, lo stesso Béjart si pone come padre di questa immensa famiglia giovanile, assumendo la parte del Maestro di ballo. La straordinaria intuizione béjartiana, che termina in un irresistibile "inno alla gioia", opera una sintesi magica fra la cultura del passato e le realtà di oggi. Come disse lo stesso coreografo, in questa profetica visione di un mondo migliore è stato unito «il romanticismo scapigliato del giovane Berlioz, il cui ardore e generosità non sono privi di una certa ingenuità, con la magia e la crudeltà scespiriane». Il grande affresco berlioziano fornisce il supporto romanticamente violento all'immaginazione del coreografo, che sulla dialettica amore-distruzione-ricostrozione inventa potenti scene collettive, momenti di lirico abbandono e moderne soluzioni teatrali. Di volta in volta i principali artisti della compagnia hanno sostenuto i ruoli di protagonista, da Paolo Bortoluzzi a Jorge Donn a Daniel Lommel, da Suzanne Farrell a Rita Poelvoorde.
• BHAKTI
Balletto in tre parti. Coreografia di Maurice Béjart. Musica indu tradizionale e di Ravi Shankar.
Costumi di Germinal Casado. Avignone, 26 luglio 1968. Ballet du XX Siècle.
Bhakti è un balletto chiaramente ispirato alla filosofia e alla religione indiana, ed è l'incontro di due civiltà, Occidente e Oriente, operato da Béjart in una sorta di poema d'amore cosi definito: «Attraverso l'amore ci si identifica nella divinità. Ogni volta chi crede fa rivivere la leggenda del suo dio, che è poi una delle facce della suprema realtà». Il mito viene riscoperto attraverso l'intelletto, inoltre, in quanto comprensione di un segnale di cultura e come appropriazione di mondi lontani e infiniti. La base coreografica di Bhakti è il passo a due. La prima parte è dedicata a Rama, incarnazione di Visnu, al suo amore per Sita, simbolo della purezza, come è raccontato nel Ramayana. Nella seconda parte il protagonista è Krishna, altra incarnazione di Visnu: egli è il dio della giovinezza e della bellezza, il divino suonatare di flauto le cui avventure amorose con le pastorelle e la bella Radha sono descritte nella Gita govinda. Krishna è anche l'educatore per eccellenza. Infine, nella terza parte, c'è Siva, terza persona della trinità indiana, dio della distruzione, per quanto concerne l'illusione e la personalità, dio della danza, e la sua sposa Shakti non è altro che l'energia vitale che viene da lui e a lui torna, immobile eppure eternamente in movimento. Il balletto usa tutta una serie di gesti e posizioni indiane, coi loro significati simbolici, e come sovente accade con Béjart i movimenti sono spesso rallentati, per ottenere effetti plastici "in movimento". Naturalmente anche qui il dato asiatico non si muta in effetti folclorici, ma viene interpretato con spirito europeo in una continua contaminazione di tecniche e in una precisa dialettica ritmica e gestuale rapportata alla musica affascinante che è utilizzata per questa occasione di danza.. -
memmalovedance.
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• THE NUTCRACKER
Il famoso coreografo Maurice Béjart mette in scena una versione personale del famoso balletto natalizio "The Nutcracker" ("Lo schiaccianoci"), facendo uso della partitura di Tchaikovsky integrata con waltzer eseguiti dal maestro Yvette Horner.
Bejart usa l'originale racconto di St. Petersburg come trampolino di lancio per evocare e raccontare le sua infanzia.
Video.